La parola oscillante

«Un lieve, sottile disagio, quando già l’interlocutore non si mostrasse capace di produrlo da sé, per individuale talento, come una vegetazione spontanea, veniva immancabilmente gettato nel terreno dall’ingegnere De Rossi sotto forma di un’innocente domanda.»

Leggere Sinigaglia è come bere un distillato di saggezza, lo si assapora meglio lentamente, lasciandosi andare fra le parole come una barca cullata da onde materne. E quando l’onda che arriva è un po’ più alta delle altre, la si guarda arrivare comunque con bonomia, sapendo che un poco di timore può essere accettabile, che un lieve disordine o un leggero smarrimento sono un prezzo giusto per vedere vestiti di colori più puri i concetti di bellezza, desiderio, eros, abbandono, rifugio: perlato avvolgente, rosa acceso, verde accogliente, giallo pingue e rosso scottante: e nero brillante.

I temi sono appunto quelli a cui le più recenti uscite di questo autore ci hanno abituato. Così, in Grave disordine con delitto e fuga, titolo che sembra veleggiare fra Simenon e un’opera musicale, i temi sono quelli che più spesso abbiamo imparato a conoscere, a cui dobbiamo aggiungere l’ironia, l’altro tratto caratteristico della sua scrittura, presente sin dai tempi del Pantarei, il suo primo lavoro, tornato nel mondo editoriale solo da pochi anni dopo la prima pubblicazione, dimenticata, del 1985. Ironia che si scorge sin dal titolo, dato che il protagonista De Rossi parla con costanza di lieve disordine. Ma tempo al tempo, perché va comunque reso onore alle virtuose intenzioni di Giuseppe Girimonti Greco e di Terrarossa edizioni, che un passo alla volta stanno facendo conoscere l’opera sempre più sfaccettata di Sinigaglia.

C’è, nella sua lingua, una leggerezza che l’autore fa propria immergendo i temi della storia nel dolce ritmo della fiaba, una fiaba moderna, certo, e non priva di ansie, ma di ansie suadenti, che nei racconti fiabeschi ti prendono prima di ogni svolta, in ogni parola che pesa e che dice l’incanto.

«Addirittura, pensava talvolta l’ingegnere De Rossi non senza un certo distacco autoironico in lui abituale, addirittura Jimmy poteva in qualche modo essere considerato la prova vivente che può esservi alcunché di necessario e di misteriosamente bello e amorevole nelle bramosie di un cannibale.»

E c’è un gusto, tipicamente sinigagliano, che verte sul dubbio che sempre le parole portano in sé, su cui si concentra proprio nell’esito, nel ruolo possibile di ogni parola, che sempre si affaccia, anche nel lieve disordine di questa storia. Ci si affaccia, in questo disordine, in questo piacevole disorientamento, in stato sospeso di possibile scelta, che i suoi personaggi sempre amano declinare verso la riuscita, il successo, la vittoria, alimentando il gioco letterario in atto, tutto teso verso la rivelazione. Così questo tratto, a ben vedere sarebbe più corretto definirlo sinigagliesco, dà nerbo alla storia, sostanza al romanzo, linfa e spirito alle parole. I personaggi, non solo in questo (apparente) divertissement amano porsi degli obiettivi e raggiungerli, nella piena consapevolezza delle loro virtù, nella tessitura raffinata del successo dei propri desideri, che è prima di tutto un desiderio espresso, concettualizzato, detto e quindi raggiunto.

«Poiché da un lato il desiderio non poteva essere rimosso, dall’altro la sua realizzazione comportava la scelta di strategie la cui applicazione avrebbe di per sé liberato una catena di maggiori e potenzialmente fatali disordini.»

In questo la scrittura di Sinigaglia è acquatica e musicale, fluida e rivolta a una lettura ritmata, ma dolce, con frasi ricche di incisi e di subordinate. La morbidezza è sinusoidale, la lettura è una passeggiata su declivi che oltre a guardare con attenzione il paesaggio dello spirito e del desiderio, si sofferma qui sulla vita aziendale. Il protagonista è il leader di un’importante azienda che detiene un brevetto unico per la termoregolazione delle caldaie, è il proprietario di un impero. Uomo sposato e abituato ad avere tutto quel che vuole, avverte nella sua vita un lieve disordine quando vede il neoassunto Jimmy, un fattorino diciassettenne bello, bellissimo. E preciso, intelligente, sveglio, ambizioso. L’ingegnere De Rossi lo desidera, i due sono ai vertici opposti del sistema gerarchico della Termolux, eppure la seduzione di Jimmy detiene potere su De Rossi e non il contrario. Ma De Rossi è uomo pragmatico e ottimo interprete delle sfumature dell’animo umano. Sinigaglia ci mostra il lieve disordine che avviene in lui, ma analizza con cura i meccanismi aziendali, i rapporti economici e di forza che si riflettono fra i rapporti umani. I due appartengono a due classi sociali diverse. De Rossi è stato educato nella ricchezza, una mamma attenta che lo ha messo in contatto con personaggi altolocati, là dove la cultura è una necessità e un vanto allo stesso tempo. Jimmy è figlio di operai, è l’ambizione della mamma di vederlo realizzato, ed è un talento fuori dal comune. Tutto gli riesce bene. C’è un parallelo fra i due, nel ruolo delle madri, nella vita piena di successi (conclamato nel primo caso, tutto da costruire ma inevitabile nel secondo), nel fascino, nella prontezza della battuta. Jimmy diventa l’oggetto del desiderio di De Rossi, che lo osserva, lo studia, lo provoca. Fra i due si apre un gioco letterario basato sul doppio, che rimane allusivo fino alla fine, quando esploderà in un prisma di possibilità interpretative profonde e composite.

La narrazione procede in questa bonaccia per i tre quarti del libro, dove si preannuncia finalmente una svolta, un incontro, il tanto atteso climax costruito frase dopo frase sapientemente arriva al suo culmine. Ma quel che rimane è inatteso, per il lettore. Sinigaglia rimescola tutto con un finale scoppiettante, di cui per ovvie ragioni evitiamo di svelare alcunché. Ma con una scelta che sposta tutto e che mostra la storia da un altro punto di vista, Sinigaglia non tradisce il lettore, che per tutto il corso del libro si è ritrovato a percepire qualcosa senza mai vederlo apertamente e finisce per sentire su di sé quello stesso disordine, ritrovando in un unico pattern tutti i disegni tessuti dalla sua penna raffinata.

Narrativa | Grave disordine con delitto e fuga | Ezio Sinigaglia | TerraRossa | 108 pagine

Alessio Barettini nasce a Torino nel 1976, studia Lettere a Siena e poi torna a fare l'insegnante. Adesso lavora in un liceo artistico della città. Quando non è in classe, legge, fotografa, ascolta musica indie e suona la Fender Mustang. Ogni tanto scribacchia, più raramente scrive. Non ha mai suonato al Festival di Reading, ma c'è stato due volte.

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