Amori al campo dei bersaglieri

In L’amore al fiume (e altri amori corti) (in libreria da questi giorni per i tipi di Wojtek), Ezio Sinigaglia torna a parlare con la consueta sagace brillantezza linguistica e caratterizzante di amori durante la vita militare. La composizione si fa come sempre intelligente e ardita e i 6 racconti che compongono questa nuova uscita raccolgono ancora una volta svariati tipi umani, tutti percorsi da fremiti erotici e complesse e burrascose situazioni. Il campo all’interno del quale si svolgono queste storie intrecciate fra loro senza un preciso incastro ma seguendo logiche più che altro dipendenti dai temi che ricorrono fra i vari personaggi, è il classico spazio disordinato e disorganizzato dove vige una disciplina apparente e tanta noia, vero motore dell’eros che in bassorilievo esce dalla pagina pungente e avvolgente.

Nel primo racconto, L’amore al fiume, sin da subito infatti emerge l’ironia di Sinigaglia che condurrà poi a soluzioni stilistiche e tematiche degne di un attento osservatore della realtà e dei comportamenti umani. La voce narrante è lirica, ampia, precisa, e a ben guardare è proprio questo il tratto migliore della penna, del graffio di Sinigaglia, attraverso il quale si può vedere nella sua interezza ora questo ora quell’uomo preso nei suoi presupposti sociali, in questo ambiente specifico, con gli altri commilitoni bersaglieri. I due protagonisti del primo racconto li troviamo subito nudi a fare il bagno nel fiume, e alla totale naturalezza della situazione si aggiunge la differenza fra Cecconi e Zanella, il primo un sagace conquistatore e conoscitore degli impulsi erotici maschili, il secondo un rude soldato che appare stordito dalla novità, alla quale l’altro si avvicinerà con delicatezza per ammorbidirne il contraccolpo psicologico, arrivando a scoprire una rudimentalità non priva di furbizia e senso dell’onore, il tutto sempre con il consueto doppio registro linguistico al quale Sinigaglia ha ormai abituato i suoi lettori.

Giancrì porta la mano sinistra, tremante di eccitazione e di attesa, sotto la gola di Mao, ne afferra rudemente gli angoli della mandibola fra il pollice e il medio e lo costringe a sollevare gli occhi da terra. «’Nzomma, Zanè, pe’ ddilla papale papale: senza volè, t’ho fatto arrapà, t’ho fatto, a Zanè.»

Fra i due si instaura un rapporto di complicità, di crescita, di comicità frizzante e di reciproca cura, che ha nei finali di capitolo e dell’intero racconto dei climax davvero divertenti e sorprendenti, veri e propri colpi di scena che dimostrano tutta l’intelligenza letteraria di Sinigaglia.

Il secondo racconto, La pièce, ha per protagonista il bersagliere gigante Settimio Barigozzi detto Maciste. Lui, ma anche un giornalino a fumetti, di quelli che si devono nascondere perché raccontano di infermiere provocanti e di peccati inconfessabili. Il soldato, trovandosi a presiedere proprio l’infermeria, si trova a simulare una strana sovrapposizione fra la situazione reale e quella descritta nel fumetto, ovvero fra sé stesso e la procace dottoressa disegnata, in uno strano calembour di identità che porta a incandescenti situazioni paradossali e comiche, a cui noi assistiamo come se fossimo in silenzio a spiare da fuori la tenda, osservando passo passo i preliminari e la crescente attesa erotica in atto.

Adesso si entra in un territorio in cui la compulsività è meno forte, meno prescrittiva, o forse semplicemente più astute, e nel quale di conseguenza sono ammesse varianti che, nella loro stupefacente imprevedibilità, scuotono i cuore e le arterie con una violenza che a tratti si fa soffocante. Tuttavia, la funzione evocativa del camice è tale da accendere dentro di lui la spaventosa consapevolezza di vivere un’identificazione che non è in grado di nominare e comprendere.

La finzione prosegue anche in questo caso fra equivoci linguistici e situazioni erotiche, dove il limite fra sesso e amore si confonde fra i frizzi dei dialoghi e le inevitabili risate.

Nel terzo racconto, Il ritratto, il protagonista è lo zelante e metodico Ulderico Berger, altoatesino, che si ritrova in mano quello stesso fumetto donatogli proprio da Barigozzi. Il disciplinato Berger è il soggetto ideale per Sinigaglia, imbarazzato oltremisura e quindi ideale per mostrare le rigidità, le meccanicità e i loro relativi superamenti. A svolgere il solito ruolo di pigmalione questa volta è il sergente Edoardo Massei, pittore, che naturalmente desidera fargli un ritratto. Se è in questo racconto che gli elementi paradossali della storia e l’amore per il gioco di parole portato a conseguenze estreme ed esilaranti che Sinigaglia dà il meglio, è però nel successivo Il regalo che la voce narrante si fa totalmente completa. Qui ritroviamo Barigozzi innamorato a caccia, improbabile vista l’assenza di esercizi commerciali, di un regalo segreto per il sottotenente Ranieri. Colto da dubbi atroci, viene qui sostenuto da Bernasconi, a sua volta innamorato, che si trova a dialogare della stessa nuova sensazione ma su due piani totalmente differenti, a causa questa volta delle differenti provenienze culturali dei due bersaglieri. Dopo un consueto scambio di battute, è nelle parti più narrative, come detto, che il libro si dipana nelle sue possibilità di vademecum dell’eros, di nostalgia della sensazione, di catalogo dongiovannesco del possibile e dell’improbabile, che trova il suo perno narrativo ancora una volta in un oggetto, questa volta il fez di Barigozzi, che finisce su un albero che solo i due insieme, uno sull’altro, potranno recuperare.

Un aforisma di questa natura, distillato con tutta evidenza da un talento filosofico fuor del comune nell’ampolla di un’esemplare concinnitas, appare decisamente sproporzionato alle facoltà intellettive del bersagliere Barigozzi, per il quale perfino un adagio abusato come «al cuore non si comanda» è troppo astratto per riuscir decifrabile.

Nel penultimo racconto, Il telefono, e nell’ultimo, Il bacio l’elemento magico della narrazione è la cabina telefonica, unico vero punto di contatto ai tempi in cui sono ambientate queste storie, gli anni ’80, e ai personaggi già visti se ne aggiungono altri a marcare ancora di più le differenze più accese già viste nei racconti precedenti, quelle a cui Sinigaglia si affida con fiducia per raccontare e soprattutto per divertire.

Narrativa | L’amore al fiume | Ezio Sinigaglia | Wojtek | 180 pagine

Alessio Barettini nasce a Torino nel 1976, studia Lettere a Siena e poi torna a fare l'insegnante. Adesso lavora in un liceo artistico della città. Quando non è in classe, legge, fotografa, ascolta musica indie e suona la Fender Mustang. Ogni tanto scribacchia, più raramente scrive. Non ha mai suonato al Festival di Reading, ma c'è stato due volte.

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