Tre anelli, Una storia di esilio, narrazione e destino di Daniel Mendelsohn è un libro sui maestri della letteratura, come si può evincere dall’epigrafe dell’Inferno che ricorda l’immensa stima di Dante per il “suo” Virgilio. Il libro si compone di tre parti. La prima è intitolata Il lycée Français, e inizia così: «Uno straniero arriva in una città sconosciuta dopo un lungo viaggio. Da qualche tempo è stato separato dalla sua famiglia; da qualche parte c’è una moglie, forse un figlio. Il percorso è stato travagliato, e lo straniero è stanco».
Mendelsohn sta scrivendo di Odisseo, prima di cambiare discorso e raccontarci di quando diversi anni fa è andato a cercare informazioni in Polonia per scrivere un libro su alcuni suoi parenti testimoni o vittime dei rastrellamenti nazisti, che poi sarebbe stato Gli scomparsi. Oltre al racconto personale Mendelsohn riflette su come l’atto del ricostruire la memoria sia un confronto secco con la consapevolezza che le cose scompaiono e che prima di scomparire possono essere ricostruite. I tentativi di ricostruzione sono tentativi di repliche dell’originale, un’operazione intellettuale che può essere altrettanto faticosa anche in campo creativo.
«Ogni volta che cercavo di intraprendere un nuovo progetto, mi sentivo come uno degli anziani testimoni o sopravvissuti di cui avevo scritto: un girovago senza più una patria, giunto in un luogo totalmente sconosciuto, incapace di procedere oltre.»
Tre anelli è una storia di esilio nel senso che si occupa della fatica che può sorgere dopo un tale lavoro di ricerca nella misura in cui scrivere può rappresentare allo stesso modo un esilio, una camminata sfiancante attraverso digressioni su digressioni che possono allungarsi ben oltre i presupposti e portarci al desiderio di abbandonare tutto, all’aporia, la mancanza di un sentiero, l’espressione usata da Odisseo per descrivere il mare e l’obbligo di trovare la propria
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