Sigma, di Julia Deck, uscito in Italia per Prehistorica Editore nel 2022 con la traduzione di Lorenza Di Lella e Giuseppe Girimonti Greco, è un romanzo dove si fondono diversi temi: lo spionaggio, la distopia, la parodia, la contemporaneità. Racconta di una scalcagnata banda di spie che sta indagando per conto di Sigma, organizzazione segreta preposta al controllo delle opere d’arte considerate sovversive. È quindi un romanzo dall’alto potenziale simbolico ed espressivo. Ne abbiamo parlato con l’autrice. Ringraziamo Giuseppe Girimonti Greco, autore della traduzione delle risposte, e Alessandra Fontana di Prehistorica.
Sigma sembra debitore di certa letteratura di genere. Penso ad Assassini S.p.A. di Jack London o a certi romanzi di Eric Ambler. Tuttavia la macchina narrativa è ordinata, la trama appare persino subordinata ad altro. Sembra il frutto di un ampio controllo sulla scrittura. È così?
Penso che questo provi bene quanto sia reale l’illusione romanzesca. Ovviamente non sono indifferente a quel che lei dice. Eppure, quando lei parla di controllo, ho come una sensazione di impostura. Non c’è mai controllo, a priori. Si tratta di un gioco in cui le regole si scrivono nel corso della partita. Certo, avevo un’idea della forma particolare che volevo dare al libro: una storia basata sull’intreccio di più fili narrativi, visto che a metà dei personaggi è stata affidata la missione di spiare l’altra metà. Ma il racconto non si può elaborare se non a partire dai personaggi, e i personaggi prendono corpo nel corso della scrittura, come un attore che modifichi
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