Esistono numerose buone ragioni per leggere Reality di Giuseppe Genna. Innanzi tutto occorre precisare che l’autore insegue l’esigenza di raccontare l’esplosione di Covid-19 e del lockdown senza attendere. Lo scrive subito, tra febbraio e fine primavera del 2020, consapevole forse che occuparsene può impedire alle nostre individualità di rifugiarsi o di scappare. Non a caso il sottotitolo (o come ha fatto notare Tommaso Pincio nel post Facebook di Genna del primo luglio dello stesso anno, il «sopratitolo») del libro è «Cosa è successo», ovvero un lavoro che nasce per spiegare il più fedelmente possibile questo evento epocale che non può non aver modificato percezioni, comportamenti, abitudini più di quanto ciascuno di noi sappia riconoscere.
Fatta la dovuta premessa, Genna non si esime da un certo imbarazzo, da uno smarrimento che è di tutti e suo come primo scrittore che si è occupato del problema mentre, e non dopo, e lo conduce su un piano letterario e universale, sulle dinamiche sociali e sulla politica d’Italia, di Milano, di Bergamo. E non sono escluse riflessioni religiose, mediatiche, cronachistiche. Ma Reality non è un diario della quarantena, come hanno suggerito altri testi usciti di recente e come in effetti era stata comprensibilmente la direzione del mercato editoriale, pur fermo, di quei mesi e anche dopo. Questo è un dato sostanziale per capire come mai l’interesse per questo libro andrebbe decisamente aumentato, prima di tutto perché l’autore passa attraverso sé stesso solo quando è strettamente necessario che accada. Se lo fa non si esime
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