È uscito per Il ramo e la foglia La vita nascosta, di Raffaele Donnarumma, critico letterario alla sua prima esperienza con il romanzo. Si tratta, diciamolo subito, di un esperimento riuscitissimo. Donnarumma si rivela narratore puro, consapevole, di ampio respiro. Sceglie la strada dell’autofiction, del romanzo-saggio che si dipana attraverso le esperienze di R., che racconta in una sorta di diario simil-sveviano le sue peripezie sentimentali e umane. Tuttavia, sin da subito appaiono nitide le intenzioni dell’autore, che pure si paleseranno lungo la narrazione. Per mandato di una società che ci tollera o ci colpisce a seconda dei momenti e delle circostanze, viviamo la forma più pura del dissesto sentimentale, e siamo investiti del compito di scontarlo sino in fondo mentre gli altri, adulti, ci osservano con il disincanto che hanno per un reality in televisione. R. è omosessuale, impelagato in una storia appena finita e in un’altra che sta iniziando ma che fatica a ingranare, Donnarumma si mette su un piano dell’analisi in modo così preciso e raffinato da mostrare che la sincerità della narrazione di questo mondo è tutta da costruire, sia che a entrare sia il giudizio esterno, sia che a capitare siano le riflessioni stesse delle persone coinvolte. Raffinato perché lo spirito illuminista che lo pervade arriva ben oltre i confini del mondo omosessuale, ma senza perdere di efficacia. Gli intellettuali sono oggi uno dei ceti più esposti alla frantumazione dei rapporti e più costretti a vagare per città e paesi diversi, come i chierici di
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