La strada giusta, di Loredana Lipperini, uscito per il secondo ciclo di Tetra, è un racconto sullo smarrimento e sulle conseguenze dello smarrirsi. La protagonista, Francesca, si ritrova suo malgrado viaggiatrice del tempo dopo un momento di incertezza sulla strada da prendere durante uno spostamento nel sottopassaggio di una stazione che si rivela essere una porta temporale, elemento magico che la riconduce in un altrove guidata da un individuo misterioso. Presto Francesca scopre di essere finita nel 1971, nel suo corpo della ventiquattrenne di circa quarant’anni prima di quel tempo presente che la vedeva attraversare l’Italia a presentare libri e presenziare in manifestazioni culturali. Il passaggio non è ovviamente leggero, Francesca lo vive con angoscia e sorpresa, l’autrice ci illustra la lenta presa di coscienza e le spiegazioni di quell’uomo.
«Cosa mi ha fatto?» dice all’uomo col gilet. Lui sbuffa. «Domanda prevedibile e senza senso. Ti ho portato sulla strada giusta, e tanto ti basti. Goditela.»
Da questo momento la protagonista scopre di poter continuare a fare tesoro della propria esperienza di vita vissuta, la sua memoria non è cambiata, e di essere finita in una pensione a conduzione familiare di una località marittima perché, carta fuori dal mazzo di scelte prese da un Altrove metafisico non meglio spiegato, ha ottenuto una seconda possibilità, evitando qualcosa di definitivo che sarebbe sicuramente successo nel suo mondo. L’unica condizione è quella di non poter abbandonare l’albergo né il mese di luglio, che si ripeterà all’infinito cancellando la memoria degli avventori, resettandola ogni
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