Realismo, storia, paesaggio, guerra. 1800. La Liguria. Tre disertori dell’esercito di Napoleone. Una scrittura che vive di pensieri brevi, costruiti da fonti integralmente riportate e di scarti improvvisi, come un bagliore che si muove rapido in direzioni sempre impreviste in una fuga eterna e disperata, in un gioco di inseguimenti e di sguardi di chi vuole la libertà a ogni costo, di sovvertire ciò che meno può essere messo in discussione. Così i personaggi, privi del loro esercito, in fuga tra i paesi e i boschi liguri, in cerca di un domani tutto da inventare e privati di ogni ieri, dentro la Storia, attraversati dalla Storia. Magliani racconta il passato per un motivo particolare, che non è documentaristico, seppure il metodo è quello storico, che di documenti si serve. Non lo è in primo luogo perché il suo racconto non deve confermare l’esistenza di Napoleone o della campagna di Egitto, ma un dettaglio che di solito non appare nel racconto della storia, ovvero la fuga di tre personaggi che scelgono di abbandonarla, la Storia. E poi perché in questa procedura che definirei storiografica più che letteraria, dove i fatti a volte scompaiono, entrano le parole, i dialoghi si fanno protagonisti …