Karolus

Nell’immaginario comune, ogni personaggio storico ha una caratteristica dirompente, motivo stesso per cui se ne ha memoria nella miriade di nozioni storiografiche. Carlo Magno, Karolus in latino, è affiancato alla vittoria. Vincere non è una qualità umana, esistono situazioni in cui si vince e altre in cui si perde. La vittoria è una condizione. Nella prassi culturale dell’Occidente, esistono i vincenti e i perdenti, perché interpretata come un’attitudine. L’imperatore è lo stereotipo per eccellenza dell’attitudine “la vittoria”, non a caso ben calcata dall’educazione scolastica. Lo è per l’immaginario europeo, non solo in Italia. Lo è per la cultura popolare, tradotta nei secoli. Lo è per i bambini e gli adulti. A questo personaggio, Carlo Magno, si rifà uno degli scrittori italiani di romanzi storici per eccellenza, Franco Forte, in una lunga review della vita di Karolus; dalla sua incoronazione a ritroso tra vicende familiari e politiche, fino ai particolari di battaglia – cioè di pratica del potere primordiale –, fin dentro la tentazione del gossip, che come già per Il Trono di Spade, fortunatissima serie televisiva di dominio mondiale, si fa potere e capacità narrabile della condizione umana di ogni secolo.

«Una ragnatela di piccole imperfezioni distorceva il riflesso nel grande specchio di bronzo, ma Carlo non se ne curò. La sua figura imponente avrebbe suscitato l’ammirazione della folla, grazie soprattutto ai preziosi abiti che indossava. La toga bianca bordata di porpora, nello stile degli antichi imperatori romani, era nascosta in parte da una ricca clamide trattenuta sulla spalla da una fibula d’oro, dono dell’arcivescovo Teodulfo. I morbidi calzari di feltro, lavorati da sua moglie Liutgarda, erano impreziositi da tibiali di seta che gli fasciavano le gambe fino al ginocchio. Al fianco, come imponeva la tradizione dei Franchi e dei Merovingi, portava una ricca cintura tempestata di gemme preziose, a

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