Spaesante. Come la verità. Una certa verità. La masturbazione, l’orientamento sessuale, la sessualità, il porno, il tradimento, il senso di colpa. I primi passaggi del nuovo romanzo di Vanni Santoni sfiorano, non accarezzano il lettore; proprio come farebbe una mano ancora tiepida sul basso ventre. Poi cresce il desiderio di vederci più chiaro, su quella «Verità su tutto» dichiarata nel titolo Mondadori.
Protagonista è Cleo (Cleopatra Mancini): la quale dopo essersi già abbondantemente messa a nudo nelle prime pagine, tra storie di università e lenzuola, quindi professione e amore, rivendicando piccoli successi, ammettendo errori e ripercorrendo episodi del suo passato che sanno di fallimento ma che comunque fanno parte di un percorso di sviluppo, si concede un’autodiagnosi: «Io volevo andare nella direzione opposta, pensava già questo, Bernhard, da ragazzino, e con una pervicacia quasi mistica, viene in mente proprio Weil che si butta in fabbrica… Avessi avuto un analista, una persona addestrata a deproblematizzare qualsiasi cosa, pagata per obnubilare problematizzando, mi avrebbe detto magari che esageravo a costruire un castello di speculazioni a partire da così piccoli sensi di colpa, che il male che avevo fatto era in fin dei conti minore di quello inflitto da tanti altri» (pag. 73). Balle, «quante balle…».
Perché, improvvisamente, tanti sensi di colpa? Momenti di trascurabile quotidianità diventano pezzi di un complesso puzzle contemporaneo. Una Storia d’amore mozzata dopo otto anni, l’altra che sembra darle pace ma non troppa felicità; un’infanzia e un’adolescenza segnate da un grave lutto. L’età adulta fa scorrere domande in
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