Régis Jauffret si confronta con il limite della storia e se possibile lo porta ancora più lontano. Scrive un romanzo storico dove la storia emerge da ambientazione, luoghi e personaggi. E tempi. Il 1889 non è un anno qualsiasi né un anno scelto per una questione commemorativa. Il 1889 diventa suo malgrado l’anno dell’inizio della storia e del male. Dunque la storia cammina, verso la filosofia e il senso dell’umanità, attraverso un racconto prosaico, quotidiano e normalizzato. 1889 è la scelta di raccontare dei genitori di Hitler, che risponde a un’esigenza precisa, che è sia quella di indagare ancora su ciò che consideriamo universalmente il punto più alto del male, sia quella di ragionare sulla natura umana nei suoi rapporti e condizionamenti con l’ambiente sociale, in questo caso l’Austria di Braunau Am Inn, dentro la casa dove vivono i due protagonisti, il padre e la madre del futuro dittatore. Anche questo rientra nella complessità del tema trattato, dato che noi non vediamo mai Adolf se non nell’immaginazione della mamma che lo porta in grembo per i nove mesi in cui è ambientata questa storia. Jauffret sceglie di raccontarla consapevole dei rischi che corre, scrivendo una postfazione nella quale specifica: «I fatti e le parole citati che hanno un rapporto anche lontano con la Shoah corrispondono alla verità storica. […] Per contro, documenti e testimonianze sulla vita dei protagonisti di questa storia sono rari. […] E la finzione ha dato corpo al libro che, per questo, appartiene pienamente al genere romanzesco».
…Autore: Alessio Barettini
Alessio Barettini
Alessio Barettini nasce a Torino nel 1976, studia Lettere a Siena e poi torna a fare l'insegnante. Adesso lavora in un liceo artistico della città. Quando non è in classe, legge, fotografa, ascolta musica indie e suona la fender Mustang. Ogni tanto scribacchia, più raramente scrive. Non ha mai suonato al Festival di Reading, ma c'è stato due volte.
Sigma, di Julia Deck, uscito in Italia per Prehistorica Editore nel 2022 con la traduzione di Lorenza Di Lella e Giuseppe Girimonti Greco, è un romanzo dove si fondono diversi temi: lo spionaggio, la distopia, la parodia, la contemporaneità. Racconta di una scalcagnata banda di spie che sta indagando per conto di Sigma, organizzazione segreta preposta al controllo delle opere d’arte considerate sovversive. È quindi un romanzo dall’alto potenziale simbolico ed espressivo. Ne abbiamo parlato con l’autrice. Ringraziamo Giuseppe Girimonti Greco, autore della traduzione delle risposte, e Alessandra Fontana di Prehistorica.
Sigma sembra debitore di certa letteratura di genere. Penso ad Assassini S.p.A. di Jack London o a certi romanzi di Eric Ambler. Tuttavia la macchina narrativa è ordinata, la trama appare persino subordinata ad altro. Sembra il frutto di un ampio controllo sulla scrittura. È così?
Penso che questo provi bene quanto sia reale l’illusione romanzesca. Ovviamente non sono indifferente a quel che lei dice. Eppure, quando lei parla di controllo, ho come una sensazione di impostura. Non c’è mai controllo, a priori. Si tratta di un gioco in cui le regole si scrivono nel corso della partita. Certo, avevo un’idea della forma particolare che volevo dare al libro: una storia basata sull’intreccio di più fili narrativi, visto che a metà dei personaggi è stata affidata la missione di spiare l’altra metà. Ma il racconto non si può elaborare se non a partire dai personaggi, e i personaggi prendono corpo nel corso della scrittura, come un attore che modifichi
…Alessio Torino torna in libreria con Cuori in piena, Mondadori. Lo scrittore urbinate ritorna sul suo tema prediletto, l’adolescenza, raccontando di Corsi, figlio di Sebastiano Corsi, che trascorre la sua estate tornando da Roma a Pieve Lanterna, nelle Marche occidentali, con Giorgio e Achille Spada, che da lì invece non se ne sono mai andati e non se ne andranno mai. La storia è un classico cliché dei romanzi di formazione, ricorda le avventure dei ragazzi di Stand by me, personaggi come Tom Sawyer o Agostino o Arturo (Moravia e Morante), anche se di questi ultimi due i personaggi di Cuori in piena non hanno le insicurezze, anzi, si presentano come personalità forti, dirompenti, coese fra loro, scaltre e schierate compattamente nelle varie circostanze che si presentano con i personaggi secondari ma funzionali all’andamento della trama. In questo senso ricorda il gruppo di Il tempo materiale, per quel che potrebbe compiere. La storia è in realtà un incrocio di tre storie, tutte raccontate dal punto di vista di Corsi: il divieto del padre di andare a fare il bagno alle Caldare, dato che lì è affogato il loro coetaneo Andrea Gori per colpa delle correnti, le scorribande di Corsi con i due amici, che comprendono fra l’altro la scoperta dell’altro sesso, e infine le figure adulte dei padri dei protagonisti, ugualmente e diversamente unite, come i loro figli, una serie di ritratti appartenenti all’Italia del 1987, inseriti sapientemente da Torino in quello specifico ambiente sociale di paese durante l’estate, con
…La strada giusta, di Loredana Lipperini, uscito per il secondo ciclo di Tetra, è un racconto sullo smarrimento e sulle conseguenze dello smarrirsi. La protagonista, Francesca, si ritrova suo malgrado viaggiatrice del tempo dopo un momento di incertezza sulla strada da prendere durante uno spostamento nel sottopassaggio di una stazione che si rivela essere una porta temporale, elemento magico che la riconduce in un altrove guidata da un individuo misterioso. Presto Francesca scopre di essere finita nel 1971, nel suo corpo della ventiquattrenne di circa quarant’anni prima di quel tempo presente che la vedeva attraversare l’Italia a presentare libri e presenziare in manifestazioni culturali. Il passaggio non è ovviamente leggero, Francesca lo vive con angoscia e sorpresa, l’autrice ci illustra la lenta presa di coscienza e le spiegazioni di quell’uomo.
«Cosa mi ha fatto?» dice all’uomo col gilet. Lui sbuffa. «Domanda prevedibile e senza senso. Ti ho portato sulla strada giusta, e tanto ti basti. Goditela.»
Da questo momento la protagonista scopre di poter continuare a fare tesoro della propria esperienza di vita vissuta, la sua memoria non è cambiata, e di essere finita in una pensione a conduzione familiare di una località marittima perché, carta fuori dal mazzo di scelte prese da un Altrove metafisico non meglio spiegato, ha ottenuto una seconda possibilità, evitando qualcosa di definitivo che sarebbe sicuramente successo nel suo mondo. L’unica condizione è quella di non poter abbandonare l’albergo né il mese di luglio, che si ripeterà all’infinito cancellando la memoria degli avventori, resettandola ogni
…Nella tradizione italiana dei sillabari, Parise, e in parte Savinio con la sua Nuova Enciclopedia, ci avevano mostrato quello che Sinigaglia ha colto in pieno: un sillabario non è un semplice incasellamento in categorie definite (in questo caso le lettere), ma uno spazio di libertà dove comporsi e comporre un ordito a piacimento. Quelli sono stati e sono libri che sistemano, mettono in ordine, vengono incontro allo smarrimento congenito di ogni lettore. Qui il destinatario dei benefici di questa pratica, come apprendiamo sin dall’introduzione, è lo stesso autore. Viene addirittura in mente, leggendo il Sillabario all’incontrario (edito da TerraRossa), che il criterio, portare avanti un’esplorazione à rebours, debba inevitabilmente condurci comunque, imprescindibilmente altrove, e quindi oltre. Oltre è infatti la lettera O scelta da Sinigaglia proprio per marcare una differenza fra un “non qui” e un “più lontano”. Anche Lontano è un’altra delle scelte di questo sillabario diffuso. Il suo titolo alternativo potrebbe essere “Guida ragionata per smarrirsi”.
«Ciò che questo libro ha di insolito è il fatto di essere nato da una vera e banale malattia del corpo, che soltanto in un secondo tempo si è trasformata in una malattia dell’anima da curare con la scrittura.»
Infatti non scrivere per comprendere la propria natura è il punto su cui soffermarsi, ma la scelta della metodologia da adottare a essere uno svelamento che si costruisce nel suo stesso scriversi.
In altre parole il Sillabario si fa modo di parlare di sé, va a comporre una sorta di trama, il pezzo
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